365 volte basta violenza sulle donne

Un’altra Giornata contro la violenza sulle donne è arrivata puntuale sul nostro calendario, ma il vento del cambiamento tarda a spazzare via quanto accade quotidianamente.
Il colore rosso del sangue ha sostituito il colore azzurro del principe delle favole. Molti uomini hanno confuso la parola “inchino” con “declino” di una concezione machista della società che vede nell’uso delle armi, dell’insulto un modo per affermare la propria superiorità.
Il 25 novembre, la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, è la data scelta dalle Nazioni Unite per ricordare il brutale assassinio di tre donne, che difesero fino alla morte la propria libertà e la democrazia. Era il 25 novembre 1960 quando le tre sorelle Mirabal furono trucidate a bastonate a causa del loro coraggio e della loro resistenza contro il brutale regime di Rafael Leónidas Trujillo, dittatore della Repubblica Dominicana dal 1930 al 1961. Il 25 novembre deve essere una giornata che celebra il coraggio e il ruolo attivo delle donne nella società e non tanto la presunta debolezza e il loro essere vittime “indifese” della violenza maschile.

Sono 94 i femminicidi censiti dall’Eures nei primi dieci mesi del 2019 in Italia. Di cui l’80% commessi in ambito familiare e il 60% all’interno di una relazione coppia. Una donna uccisa ogni tre giorni e nel 28% dei casi sono stati riscontrati maltrattamenti reiterati (come violenze fisiche, stalking e minacce) confermando come il femminicidio sia l’epilogo finale di molti campanelli d’allarme che spesso vengono declassificati o ignorati, che attraverso la presenza di un’efficace rete di supporto potrebbero invece trovare un argine per bloccarne o diminuirne l’esistenza. Questi dati significano che riconosciamo il problema, ma ciò che si sta facendo è troppo poco per contenere questo inquietante fenomeno, è un inizio, ma serve costanza e supporto per non abbandonare le vittime, le famiglie e rendere possibile la possibilità di “ricominciarsi”.

giornata contro la violenza sulle donne

La violenza sulle donne è una calamità che merita consapevolezza partendo dal basso, dai comportamenti e dal creare una cultura del cambiamento nel campo degli stereotipi di genere e non solo, fino ad arrivare al mondo della giustizia e della politica nazionale. Il 1° sbaglio che possiamo cercare di risolvere tutti proviene dal modo di comunicare: molti giornalisti quando
scrivono di femminicidi definiscono i carnefici “giganti buoni”, i giudici riassumono i fatti con “tempesta emotiva”, noi che subiamo le notizie, molte volte minimizziamo l’accaduto senza trovare le forze di scappare. Serve prevenzione, azioni concrete e anche parole: ben vengano i simbolismi
che richiamino l’attenzione sull’argomento, impariamo però ad utilizzare gli strumenti a disposizione o che si stanno realizzando, anche grazie all’intervento politico del dipartimento Pari opportunita’ della Presidenza del consiglio. Sono stati stanziati 30 milioni di € per la rete dei Centri
anti-violenza, sbloccati fondi per gli orfani del femminicidio e stanziato 1 milione di € per il “microcredito di libertà” per ricominciare. Sono orgogliosa di queste idee, perché sanno di speranza, ma voglio e spero che questa concretezza raggiunga il territorio e gli organi preposti nel minor tempo possibile, perché la violenza va battuta sul momento.
Smettiamo di vivere il problema solo il 25 novembre, smettiamo di pensare che la violenza sia solo quella fisica, diffondiamo il numero 1522 e manteniamo il coraggio di denunciare ciò che accade
intorno a noi.

365 volte stop alla violenza sulle donne, prima che sia solo un telo bianco, messo sopra un cadavere, ad avere l’ultima e definitiva parola.

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