San Valentino è scaduto e a me è andato di traverso il cuore, nel giorno che porta il mio nome, nel giorno che si dovrebbe amare, mentre io rincorro la voglia di aspettare.
Suonerebbe più o meno così la mia canzone a Sanremo. Perché è comodo impegnarsi in questo giorno, ce lo dicono gli altri cosa accade, mentre le sorprese non sono più valide, sono scadute, acide, non hanno nemmeno l’importanza dei titoli di coda di quello che dovrebbe essere il momento giusto per rimanere. A San Valentino, l’amore si respira, mentre io vorrei mangiarlo. L’amore si vive, si prova, si comunica. Vorrei farvi mangiare quintali di Baci Perugina, solo mangiarli, senza pretendere da loro nulla in cambio. Senza ritenerli degni sostituti del vostro amore con i loro bigliettini che sono la vostra assicurazione sulle posizioni orizzontali. Disabituatevi a regalare cioccolatini che dovrebbero sollevarvi dal vostro sporco lavoro di amatori romantici. Le parole vanno messe in fila con un senso, che parte dal cuore e finisce sulla punta della lingua. Inciampate nelle cose belle da dire, persi a guardare la stessa cosa, intenti a scalare pensieri diversi che magari arrivano allo stesso finale. Regalatevi quel tempo che vi siete solo promessi a parole, minuti e ore che faranno di voi la degna continuazione dei vostri progetti, che nessuno vi chiede di portarli avanti con la solidità che meriterebbero, ma solo con la voglia di farli procedere mattone dopo mattone, per costruire quella che sarà il vostro rifugio preferito, solo quel posto dove la felicità che fa il solletico al cuore ha motivo di essere liberata. E’ tempo di fare la cosa giusta, non perché ce lo dice il calendario, ma perché di amare non si dovrebbe fare mai a meno. Puoi privarti del cioccolato, dell’ultima sigaretta, di odiare, ma di amare si dovrebbe far indigestione. Basta slegare la paura dall’amore che la tiene incatenata come fosse la diretta continuazione, mentre grazie al nostro coraggio, è solo un sinonimo che non ci aspettiamo di far nascere sulle nostra labbra. Staccate gli occhi che tenete incollati su di voi, per prendere fiato, regalandovi uno spettacolo che può essere lo specchio di voi stessi, ma che non ammettereste mai per paura di ferirvi. Siamo dei poveri illusi ,di conoscere sempre fino dove siamo in grado di arrivare. Preferiamo colorare tutto con un ‘nonostante’, messo lì a rimarcare sempre il buono di ogni cosa, quando la verità parla un’altra lingua, quella dell’insoddisfazione di avere accanto ciò che non ci rappresenta, ciò che non ci piace, ciò che vorremmo rendere a chi neppure lo sappiamo. Eppure ci rimbalza contro senza più farci male, abituati alla routine di un gesto aspettato, quasi fosse un colpo da parare. Restate per cambiare l’ultimo respiro, sospesi tra quello che siamo e il cambiamento che vorremmo imporre al corso delle cose. Giocate col silenzio senza costringerlo a raccontarvi ciò che siete abituati a sentirvi dire.
Date al vento la possibilità di fare il suo dovere, di lanciare lontano le parole soffocate e di prendere il coraggio per la mano accompagnandolo proprio qui, sulla nostra strada. Ce la faremo anche oggi, anche se qui mancherà la parte più importante di noi stessi.