Non mangio l’anguria, bevo poco quando viaggio e no, non sono ancora schiattata visto il caldo torrido di quest’estate. Si chiama istinto di sopravvivenza al contrario e non è qualcosa di cui andare fiere.
Non voglio rischiare dover andare in bagno fuori dalla tabella di marcia. Non posso permettermi di avere urgenze del caso. Invidio quando andate in bagno e siete fuori casa. Vi invidio accettare lo stimolo, inforcare un qualsiasi bagno pubblico e liberarvi di tutto. Vi invidio perché io ho allenato il corpo nell’arte dell’attesa, del portare pazienza, del trattenere, perché farla in giro è per gli audaci, per i circensi. I bagni pubblici sono un mondo che va studiato nei minimi particolari.
Ci entro, ma non mi muovo, m’incastro. Ci entro, mi muovo, mi devo arrampicare ed è come se facessi un’ora di attività fisica concentrata in 7 minuti di pipì. Ci entro, mi muovo fin troppo bene, ma c’è solo la turca e io non voglio tuffarmi. Ci entro, mi muovo, mi devo arrampicare, mi devo appoggiare e sedere, ma è sporco da fare schifo e ho paura di trovare, fuori dalla porta, una sala di decontaminazione.
Il grande problema è che nessuno te lo racconta com’è davvero la situazione, dagli hotel ai bar le sorprese sono dello stesso colore di ciò che scende con lo sciacquone e ti liquidano con un “è accessibile” buttata lì, proprio a casaccio. Si lascia tutto al caso, dal water alle informazioni, non c’è differenza, poco importa se riguarda una situazione di vitale importanza come i bisogni corporali, in fondo per molti per reputare un bagno accessibile valutano solo la presenza di un wc e di una porta. Dimenticando gli accessori come i maniglioni, il wc troppo alto o troppo basso, lo spazio troppo stretto per far manovra d’attracco con la carrozzina.
Così trattengo liquidi e non solo, fingo indifferenza, alla fine piango dal dolore. Poi ci sono anche i bagni che sono talmente evoluti che sembrano l’enterprise, asettici, tutti automatizzati, domotici anche nello stimolarci, comodi come salotti, peccato che sul più bello, le luci temporizzate si spengono e ti ritrovi ad improvvisare una simil macarena a mutande calate per ritrovare la luce in fondo al tunnel. Dell’uscita.
Ok la porto a casa, però quanto è vero che riuscirò a farla dove voglio, dovete aiutarmi anche Voi con #pepitosaincarrozza.