Direzione Imola.
Sembra fatto apposta, ma gli 883 mi accompagnano sempre nelle mie trasferte romagnole. Non voglio rubare il lavoro alle travel blogger, ma non sto mai ferma e mi piace raccontare cosa combino in giro.
Non c’è bisogno di macinare così tanti km per ricevere belle sorprese. Questa volta, ho solo attraversato una regione per arrivare ad Imola.
Credo che ogni città possa regalare qualcosa di nuovo sia per chi arriva, sia per chi rimane. E’ proprio questo che è successo nella mia gita: ho condiviso questo tempo con una vera imolese doc, Giorgia Zoe Righini (fotografa e videomaker), ma soprattutto con una persona pazza al punto giusto, che ha saputo fondersi con tutto quello che ho visto e portato, come sempre, a casa con me. Un piacevole tour de force per lasciare anche un po’ di me nel suo mondo, attraverso un evento dedicato al racconto di Boudoir disability, ospitato nel Temporary non retorico. Nel centro della città per circa un mese, via Appia 27, ospiterà questo luogo che mi piace definire un punto d’arte d’incontro con HIT your style e Vibrazioni art designLa mia trasferta però voleva durare almeno mezza giornata e Giorgia si è trasformata in una guida e cittadina perfetta. A Giorgia avevo chiesto tassativamente di farmi conoscere i suoi luoghi, tipici e insoliti, perchè “ Volevo portarmi a casa Imola. Addosso”.
Giorgia lavora con gli occhi, ma pensa senza confini. Le immagini sono tutto il bello dei ricordi, lei lo sa. E le immagini ci hanno accompagnato tutto il giorno attraverso anche gli sguardi di due fotografi Lorenzo Rinella e Lorenza Grandi di Primipiani, che hanno immortalato tutte le nostre emozioni.
Giorgia sapeva cosa significasse per me portarmi a casa un po’ di Imola. Lei la reputa una frase forte perché, in un solo istante sono riuscita a dare un valore alla città elevandola ad un livello che durante la quotidianità e le inziative che promuove a favore di Imola, da tempo aveva sottovalutato. L’intento era di vivere una giornata mixando due anime contemporaneamente: la sua che viveva Imola da turista, e la mia come turista che volevo vivere Imola da imolese. Questo è l’accordo segreto che abbiamo pattuito.
LA GIORNATA PER TAPPE
Grazie alla complicità dell’assessore alla cultura di Imola, Elisabetta Marchetti, la giornata è stata come essere in un parco divertimenti. Tutto è iniziato con la visita del Museo San Domenico. Per conoscere una città devi ascoltare ciò che nel tempo ti racconta. E Imola ha davvero un sacco da dire. Stanze tra pietre, stemmi e collezioni private di animali impagliati e conchiglie, profumano di tradizioni che meritano di essere viste e vissute. Un museo non convenzionale, una pinacoteca che che profuma di tempo. Lo scrigno della cultura romagnola, che andrebbe conosciuta ed approfondita ulteriormente, proprio perché parte di quel patrimonio che ci identifica e ha permesso di porre le basi del nostro quotidiano. Non solo rappresenta anche lo stimolo per progettare il futuro. Ne è la dimostrazione il progetto residenza museo/01. Claudia Baroncini è stata la nostra, non solo, guida ma compagna d’avventura nel volerci introdurre ed accompagnare nei segreti del museo, donandoci non solo le sue conoscenze ma una parte di lei.
Imola è la città dei matti, quelli veri e quelli presunti. E’ la città che ospitava un grande manicomio, una piccola città nella città. Ovviamente dismesso, ora l’Osservanza ha iniziato il suo percorso di recupero per tornare ad essere un luogo utile ai visitatori: ospiterà l’Accademia pianistica nazionale. Visitare il parco dell’Osservanza e ascoltare le storie raccontate da Giorgia smuovono emozioni strane. Sapevo che voleva farmi conoscere questo luogo a lei molto caro, parte della sua storia familiare. La nonna era un’ infermiera manicomiale, sapeva benissimo cosa accadeva in quel luogo, dove ora parlano solo i graffiti dell’epoca rimasti sui muri. Poi ti fermi a pensare a questo luogo, quello che era, fatto di persone, malate o anche solo non capite e non accettate dalla società e in un attimo mi rendo conto che forse, se fossi nata in un’altra epoca, questa poteva essere la mia casa. Io e Giorgia ci siamo guardate, consapevoli insieme che sarebbe andato tutto diverso, ma soprattutto che io avrei trovato il modo di scappare, con o senza ruote.
Il viaggio non è finito così, manca il pezzo importante, quello dell’adrenalina, ma merita il palcoscenico tutto per lui, un podio dove piantare un’altra bandierina del “ce l’ho fatta anche io”, senza dimenticare che tutto è stato bello da condividere insieme a voi.
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