“Nessuno è profeta in patria”, niente di più sbagliato e l’ho capito proprio mercoledì sera. Boudoir Disability, il progetto che ha fatto tremare la rete, ora arriva in tutta Italia, ma parte da Mantova.
Non sarà mai inutile ascoltare chi la pensa in modo diverso da te. E’ così che mi piace iniziare il pezzo che vi racconta l’evento Boudoir Disability che si è tenuto mercoledì proprio dove vivo io, vicino a Mantova.
Un palco immaginario dove raccontare il progetto che tutta la rete rimpalla da url a url. Ho voluto ad ogni costo che questo progetto arrivasse sottopelle alle persone che mi vivono ogni giorno, ho voluto che le mie parole guidassero a capire il significato di queste foto che hanno l’effetto di un pugno nello stomaco. Soprattutto ho voluto accanto a me quelle persone che, in qualche modo, rendono Boudoir Disability qualcosa di magico e pulito.
Micaela Zuliani ha deposto la sua arma preferita, la macchina fotografica, oscurando l’obbiettivo ottico, ma aprendo quello del dialogo come solo lei sa fare, raccontando che dietro ad ogni immagine che lei scatta c’è l’esaltazione naturale di un percorso di vita. Attraverso le domande poco scontate e per nulla fredde di Sara Bellingeri, siamo riuscite a tradurre la nostra idea di anti-discriminazione di chi è diverso. E’ ovvio, ormai, che noi non ci limitiamo a raccontare esclusivamente la privazione fisica, ma l’orientamento è portare a galla la mancanza di espressione delle emozioni per paure, per privazioni, per la mancata consapevolezza di quello che si è.
Ed è stata CONSAPEVOLEZZA la parola chiave della serata. Senza questa non solo non si sarebbe realizzato Boudoir Disability, ma nella vita di tutti i giorni, è l’unico vero legame che ti dà un senso di appartenenza alla società.
Tantissime le persone presenti in sala, io come sempre, a slalom tra la serietà del concetto e l’ironia di non far perdere il legame tra me e chi è abituato a vedermi in un’altra veste.
Non volevo che fosse un incontro carico di belle parole messe in fila, nemmeno di convinzione a senso unico di aver creato qualcosa di giusto in senso assoluto. Siamo sinceri, questo è l’unica modalità per far portare a casa alla gente domande senza risposte, domande che diventano esclamazioni o dubbi che si trasformano in certezze (o viceversa).
Ho voluto di più, ho voluto trasformare il progetto e soprattutto Valentina in un reading interpretato da Silvia Gandolfi e Andrea Frignani e scritto insieme, due amici che con la loro presenza e splendida interpretazione hanno contribuito splendidamente a raggiungere il mio obiettivo, anzi a superarlo. Le domande a fine serata sono state la conferma di tutto questo: un’altra bandierina è stata piantata, ma la nostra non è una gara a farle sventolare, ma solo a lasciare un nuovo punto di vista, fatto di poche parole, condite da fanatismo o da pietismo, e da più fatti per costruire una base di apertura mentale che tutti meritiamo. Nessuno escluso.
Grazie e a chi c’è stato e a chi ci sarà. Grazie anche a chi non vuole esserci, perché non abbiamo presunzione di aver ragione, ma certezza di doverlo fare.