La mia lettera di capodanno a Mattarella

Nel mio bilancio di fine anno, voglio scrivere questa lettera al Presidente Mattarella perché possa essere più consapevole di ciò che lasciano e ritrovano le persone con disabilità.

Nell’ultimo giorno di questo 2023, voglio immaginare il Presidente della Repubblica, Mattarella, seduto alla sua scrivania intento a scrivere il discorso di fine anno che andrà in onda a reti unificate. Sono certa che non troverà subito le parole da mettere in fila, che quello che dirà sarà il frutto di un compromesso istituzionale, ma non il suo realistico pensiero.

In mezzo a questo “vorrei, ma non posso”, ho pensato di aiutarlo e scrivergli una lettera perché anche oggi possa essere consapevole su cosa lasciano e cosa ritrovano nel nuovo anno le persone con disabilità: l’assenza istituzionale.

La mia lettera di fine anno al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Egregio Presidente Mattarella,

mentre sono certa stia ancora cercando di mediare il suo discorso di fine anno tra quello che vorrebbe dire e quello che invece le toccherà dire per dovere istituzionale e morale, arrivo io con questa polaroid piena di parole che voglio lasciare ben impresse, perché poi non si viva nello stupore dell’innocenza. Si sieda perché, per una volta, sono a chiederle ascolto prima che la diga della pazienza perda ogni tassello di lucidità.

Non posso fare a meno di notare il talento con cui lei, con la sua presenza impeccabile e la è riuscito a navigare tra le acque turbolente della politica italiana, anche se avrei preferito un pò di rumore da parte sua su alcuni aspetti che vanno a minare la libertà delle persone, compresa la sua. Un vero e proprio capitano di lungo corso, anche se a volte sembra che la nave stia affondando più velocemente di quanto lei riesca a pronunciare le parole “serietà istituzionale”.

Il problema è che di serietà c’è rimasta solo l’apparenza di una maschera che inganna, come se ci trovassimo a vivere in loop una continua festa di carnevale alla quale non vogliamo partecipare, ma ci tocca.

Tra bonus apparenti e tagli irriverenti, siamo arrivati alla fine di questo 2023 in cui poco è cambiato, ma tanto è peggiorato, soprattutto per le persone con disabilità che ogni giorno devono, non metaforicamente, lottare per vedersi garantiti i propri diritti. A distanza di 17 anni dall’approvazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ancora troppi sono gli ostacoli all’esercizio di diritti fondamentali in ambito sociale, politico, lavorativo ed economico. 

È con profonda preoccupazione che osservo la persistente mancanza di azioni concrete da parte del governo per affrontare le sfide e le barriere che le persone con disabilità devono affrontare quotidianamente. La mancanza di risorse adeguate, di accessibilità e di opportunità adeguate non può essere ignorata. È tempo di cambiare la narrazione sulla disabilità in Italia. Non possiamo più permetterci di trattare le persone con disabilità come cittadini di serie B, relegandole ai margini della società. È necessario un impegno concreto per garantire l’uguaglianza di accesso a tutti i servizi, dall’istruzione all’occupazione, dalla salute ai trasporti.

Come attivista e presidente dell’Associazione “Pepitosa in carrozza”, mi sto rivolgendo a Lei con la speranza che la sua autorevolezza possa portare la tematica dell’autonomia ad un’agenda politica seria e rispettosa al passo con la società, che non crei ulteriore divario di sopravvivenza, dovuto al concetto di assistenza così diversificato tra nord, centro e sud Italia, dove in Piemonte chi ha una disabilità, percepisca fino 6.000 euro per il supporto all’assistenza e in Sicilia 1.200 o nel Lazio 800, si chiama discriminazione e innesca una lotta di classe che può solo peggiorare.

Non esistono supporti economici equamente validi per tutti né percorsi facili per raggiungere l’autonomia perché nella nostra legislazione mancano i concetti di autonomia e autodeterminazione delle persone con disabilità. È un problema culturale che si trascina nella tematica legislativa e istituzionale: il concetto della persona con disabilità è ancorato ad un’immagine stereotipata di qualcosa di inerme, di “accompagnato”, di senza scelta verso una vita di stenti. Così non è, basta rimanere in ascolto delle necessità, che invece piacciono etichettare come problemi per lustro istituzionale. 

Vorrei che la parola di questo 2024 fosse PROGETTUALITÀ, un processo ricco di sinergie, di ascolti, di partecipazione che vada a delineare il rimando puntuale di ciò che siamo e di ciò che invece, ad oggi, rappresentiamo nella società. 

C’è bisogno di attivarsi concretamente nel rispettare la persona, di riportare ad adeguato significato il peso della parole, all’incentivare i media a diffondere correttamente il nostro

status, al svegliare le politiche territoriali sulla nostra consapevolezza e a capire che la rappresentazione di ciò che siamo spetta solo ed esclusivamente a noi come esseri umani. 

Chiedo rispettosamente, in virtù del suo ruolo e della sua autorità morale, di intervenire affinché il Governo dedichi una maggiore attenzione, con più conoscenza, alle persone con disabilità, di qualunque genere, in qualunque condizione. È fondamentale adottare politiche che promuovano l’uguaglianza, l’accessibilità e la piena partecipazione di coloro che vivono con disabilità nella nostra società. 

Spero che nel 2024 ritrovi la voglia di entrare nel merito delle cose senza farsele passare sotto il naso e proferire parola. In questo nuovo anno, auspico che Lei, in qualità di garante della giustizia e dell’uguaglianza, possa fare pressioni per un cambiamento significativo nella politica verso le persone con disabilità. Che questa possa essere l’occasione per un nuovo capitolo, dove la giustizia sociale e l’inclusione non siano più solo parole vuote, ma principi fondamentali guidati da azioni concrete.

                                                                               Valentina Tomirotti









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