Amore e disabili è il tema della storia che avete letto sulle pagine del Corriere della Sera nella rubrica #sessoeamore.
La storia di Agata e Luca non è un pesce d’aprile, in molti mi avete scritto che questa storia è simile, che questa donna aveva tratti distintivi che ci accomunavano. C’è che non so mentire, ecco perché attraverso il mio blog posso confessarvelo: quella storia l’ho scritta io, quelle parole sono mie e questa storia è la mia vita di questi mesi.
Greta Sclaunich cura la pagina di questo mondo, che per la prima volta trova terreno su un quotidiano di rilevanza nazionale come il Correre della Sera. Soprattutto Greta mi conosce, sa quanto l’amore sia il mio pane quotidiano, quanto non sia intollerante a parlarne anche in modo molto trasparente.
Ecco perché ho deciso di raccontarmi proprio su queste pagine, perché c’è bisogno di un linguaggio universale che merita di essere ascoltato e perché la mia storia può essere la storia di tante o forse perché sto cercando il metodo indolore per perdonare la mia assenza di coraggio in un rapporto talmente bello da portarne addosso i segni. Funziona così quando non si vuole dimenticare, ogni giorno, ogni momento quelle cicatrici tornano a bruciare, a volte per farti ricordare, a volte per farti dimenticare che la vita continua il suo corso, solo su rotaie differenti.
“Scrivere fine per non farlo diventare un dovere, perché credo che l’amore debba essere un piacere scontato, come l’ultimo reggiseno della tua taglia, in saldo. C’è la casualità, i baci e le posizioni comode e scomode per ritrovarsi piacevolmente orizzontali. Ci sono le stesse voglie con diversi punti di vista: il mio da seduta, come pochi, e quello di Luca in piedi, come molti. Non siamo abituati a leggere quello che vi sto per raccontare, è tutta una questione di simili, tra diversi, così tanto, non serve solo amore, ma neuroni che hanno voglia di sudare.
Io sono una donna in carrozzina di 34 anni, ci sono sempre stata, con annessi e connessi, un po’ come stile di vita, con un’immagine ingombrante da digerire, ma con un carattere che ha sempre sopperito alle lacune, forse per rivalsa, forse per dimostrare e combattere con gente che spesso non aspetta altro che dirti: “tu non puoi”, così random. Poi è arrivato lui sul mio stesso percorso, vittima di un progetto lavorativa comune. Luca non è bello da farti girare, ma sa come smuoverti i punti giusti, è fatto di una pasta che non si trova facilmente, un ragazzo di 30 anni che ama la normalità, le cose banali. Ci siamo ignorati, ci siamo insultati, capiti, legati e voluti, ma non credo mai amati. Avevamo in comune più di quello che abbiamo capito: un’immagine carica di problemi e cicatrici, le mie più visibili e guarite, le sue più profonde e forse non rimarginate del tutto. La mia famiglia che l’ha adottato, la sua famiglia che mi ha ripudiata. Ci siamo conosciuti dall’interno poi dall’esterno, a piccoli passi. Amici, complici e amanti. Un’esperienza nuova per entrambi, io che ho iniziato a mettere la mia vita nelle mani di un’altra persona che mi vedeva non come qualcosa da aiutare, per la prima volta non mi sono sentita il panda del wwf, ma una compagna di cammino. Lui che riusciva a rispedire al mittente le frasi sciocche, le offese travestite degli amici, della famiglia, che erano sempre indaffarati a proteggere lui dalle apparenze e mettere me alla gogna del resto del mondo.
Insieme eravamo perfetti, incastrati perfettamente pur essendo così diversi, ma la fatica era doppia. Un percorso in salita. Non è facile essere così felice da voler condividere con chi ti vuole bene e trovare un muro che ti respinge. Se non sei abbastanza forte a sopportare, inizia il vortice delle domande che ti nascono da dentro, dove la risposta te la devi dare da solo. Così, piano piano queste risposte hanno fatto il loro dovere, hanno separato invece di mescolare. Io che per proteggermi, ho iniziato a dire NO, perché mi mancava la spontaneità dei gesti, delle voglie e non dei doveri che si stavano creando. Perché una voglia va presa e vissuta quando si ha, non quando è comodo sfoderarla. Ho iniziato a dire NO perché sapevo rinunciare al ‘solito’ anche solo per condividere con lui un momento ed ero disposta a far aspettare gli altri. Ho detto NO perché non avevo più voglia di mettermi da parte. Così, ora che ho tagliato i fili che so che mi legheranno ancora per molto tempo, sono arrivata alla conclusione di aver sbagliato a dare a lui l’importanza che meritavo e merito io. Quei rapporti fatti di domande di circostanza e di risposte vuote hanno diritto all’eutanasia. Bisogna essere frivoli per innamorarsi e farsi investire da tutto ciò che comporta: dai brividi, ai profumi fino agli ormoni, ma bisogna essere lucidi nel capire quando tutto il gioco inizia ad avere le pile scariche. Ci sono segnali, ci sono parole che fanno l’effetto di una lama, cala il silenzio e soffoca tutto quello che era vitale, per una coppia che non esiste più.
Questa è la storia di una fine, la mia, la nostra, di un qualcosa che non voleva essere chiamato, ma solo vissuto. L’unica verità è che l’amore non perdona l’assenza di coraggio, soprattutto nei rapporti più estremi. Qui forse serviva più coraggio e sentimento per sgomitare in una società che utilizza lo sguardo come sciabola, per essere pronti a vivere un sentimento che meritava una possibilità. Questa è la storia di un rapporto tra una donna, un uomo e 4 ruote che hanno avuto il compito di allontanarmi in fretta per non rimanere sepolta dai condizionali. Evviva gli imperativi, che ti smontano e ti sverginano il cuore, ma ti fanno ripartire ricominciando da se stessi, che come un Lego ti fanno trovare nuova forma di vivere e non di sopravvivere.”
Insomma quell’Agata invece si chiama Valentina e quelle parole sono la mia storia. Torna in ballo sempre quel coraggio che come sull’altalena a volte arriva e a volte va. Mi è mancato dirvi che quella donna ero io, che quel Luca si chiama in un altro modo che non è così importante. Non posso essere perfetta, non riesco ad essere infallibile giocando a scacchi con i sentimenti, e la mancanza di coraggio, in certi casi, sarà sempre quell’aspetto che mi renderà umana, come qualunque donna. Lascio alle altre l’essere perfette, l’essere invincibili, capire sempre le mosse e parare i colpi. Voglio correre il rischio di farmi asfaltare dalla probabilità di giocarmela, anche perdendo la cosa più importante. Lui.
Una risposta
Grazie per il tuo inno alla verità e alla sincerità.
Daniela