Un nuovo workspace è ossigeno mentale

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Vi racconto il mio workspace tra colori e cambi di ufficio.

Ho cambiato il mio workspace di nome e di fatto. Un anno fa ho cambiato lavoro, sono tornata al mio amore primario: la comunicazione e i social media. Per me stessa, perché non avevo più niente da dare, ma solo da perdere.Oggi è l’anniversario del mio cambio-lavoro e ho il sorriso.

Non sapete quanta fatica per riconquistarlo, eppure è possibile. Non vi capita mai di non sentirvi più all’altezza del ruolo che ricoprite (lavorativamente parlando)? E’ tornato l’ossigeno, la voglia di svegliarmi ogni mattina con il bisogno di misurare la mia professionalità in quello che mi piace fare di più: da 3 mesi ho cambiato lavoro senza rimpianti. Ho capito che dovevo decidere in fretta, che non c’era più la voglia e la motivazione di crescere, nemmeno di galleggiare. Chi non crede nelle proprie possibilità e nei desideri professionali, sbaglia. Serve tantissima pazienza e nervi ancorati, forse bisogna anche rispondere il contrario di quello che si vorrebbe urlare, ma sono certa che crederci sia già un inizio di cambiamento. Lo so, bisogna essere fortunati, non vi sto vendendo la bacchetta magica del mondo del lavoro, vi sto solo raccontando quanto faccia bene avere a disposizione nuova aria.

Finalmente sono quella che sono al 100%, faccio un lavoro che mi piace e posso occuparmi dei miei interessi, posso comunicare e per una che non ama catene ed imposizioni, posso assicurare che è sentirsi liberi. Per capire cosa faccio nella vita non basterebbe tutto l’internet, ma vi lascio il link al mio profilo LinkedIn, qui.

workspaceSono tornata a giocare con le parole, cercando di metterle in fila col giusto equilibrio e trasformarle in qualcosa da toccare con mano. L’ambiente lavorativo è la nostra 2° casa, arredarla per starci bene vuol dire tramutare un lavoro in una passione. Io l’ho provato e continuo a farlo anche oggi che ne sono già passati 365.
Sede nuova, ufficio nuovo tutto per me. Muri bianchi da riempire e mobiletti che sembravano aspettare solo le mie cianfrusaglie per cambiare veste. Sì, perché per me un luogo asettico è tristezza assicurata, ho bisogno di dargli il giusto colore, un tocco di mia personalità pur mantenendone il decoro.
Armata di Pinterest mi sono guardata un po’ di gallery per trovare la giusta ispirazione ma, come sempre, mi sono accorta che poi amo andare a ruota libera, rischiando il caos ordinato. Lo stile nordico è il più replicato, dove il bianco e il gusto minimal regna in tutto il suo candore, emergono solo macchie di colore, per lo più il verde dato dall’utilizzo di piante per decorare mensole o scrivanie. Mai esagerare e mantenere linee pulite, magari inserendo pezzi di design o frasi motivazionali da incorniciare al muro.

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MUST HAVE

Mi sono sbizzarrita in tutto. La mia scrivania sembra una tavola apparecchiata, non di cibo, ma di colore tra penne che rispettano l’ambiente ed evidenziatori pastello per sottolineare cose brutte con colori belli, mille post-it dalla forme più strane perché le cose da ricordare non sono mai tutte uguali. Nel mio disordine io trovo sempre tutto. Colori, cactus e Einstein sono i fili conduttori del mio ‘workspace’.
I cactus sono il tocco di verde e la mia passione per le piante che ce la fanno nonostante tutto e tutti. Ho trovato sia la misura macro in peluche di Ikea che non va innaffiato, ma sta lì in bella vista sul mobiletto delle pratiche, davanti ai miei occhi ogni volta che stacco dal pc. Mi fa sorridere perché smetto di tenere in considerazione la mia età anagrafica grazie a questi oggetti. Einstein (comprato a nel mio viaggio a Valencia) con la statuetta che si picchia l’indice alla tempia, tutto il giorno, per ricordarmi che anche nel lavoro serve un po’ di pazzia e lo stesso Albert come porta graffette ancora più vicino a me, che mi fa la linguaccia per confermare l’essere ribelli ovunque. Alla fine ho riempito i muri bianchi con frasi che mi tengono compagnia e spronano le idee a trovare la giusta via per trasformarsi in progetti reali. Ho riempito l’intera parete davanti a me con uno sticker di Banksy. Occhiali da vista perché passo la mia vita al pc e gli occhi ormai chiedono pietà. Quaderni, agende, fogli da riempire perché con il vulcano che vive dentro di me, i fogli bianchi non sono mai abbastanza.

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Quando ho saputo che finalmente cambiavo lavoro, sono partita in spedizione per cercare una nuova borsa da ufficio. Secondo voi che colore potevo averla presa? La mania per le borse è estesa anche all’ambito lavorativo. Mi piacciono vivaci e che possano contenere tante cose, anche inutili, ma voglio la sicurezza di avere sempre tutto con me, tipo la lumaca.

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Cambiare vita è stato “l’altrove” più complicato da trovare, ma ora posso dirlo: è stato bello conquistarlo perché tutto è cambiato col sole in fronte e perché rinnovarsi è l’esercizio più bello per capire chi siamo e fin dove possiamo spingerci.

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